Suicidio assistito nelle case di cura

Dovete o potete – a seconda delle normative cantonali – consentire l'eutanasia nel vostro istituto. Come si procede?

Cos’è il suicidio assistito?

A una persona che dà il proprio consenso al suicidio viene data la possibilità di disporre di una sostanza mortale, che assume o utilizza da sola senza alcun intervento esterno. Il medicamento viene prescritto da un medico dopo aver chiarito la situazione e i motivi che inducono la persona a voler morire.

Quali disposizioni legali sono in vigore per la mia istituzione?

Le disposizioni sono regolate a livello cantonale. Si informi in merito presso il suo Ufficio cantonale per la salute. Ci sono due scenari:

  • L’istituzione deve consentire il suicidio assistito all’interno della sua struttura e non può ostacolarlo.
  • L’istituzione decide se rifiutare il ricorso all’eutanasia nella sua struttura (in determinati Cantoni è possibile nella misura in cui l’istituzione non sia sovvenzionata con fondi pubblici) oppure se lo consente.

Il suicidio assistito è punibile in Svizzera se è effettuato «per motivi egoistici». Se questo è il caso, in base all’art. 115 del CP può essere punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria. Le organizzazioni come Exit o Dignitas non sono passibili di pena poiché non agiscono per motivi egoistici. Esse sono tuttavia tenute a rispettare le direttive concernenti gli accertamenti preliminari (per le direttive precise si informi p.f. presso le organizzazioni).

Come reagisco in veste di specialista a una richiesta di suicidio assistito?

Come dipendente di una residenza medicalizzata è sua responsabilità prendere sul serio il desiderio di una/un residente di un suicidio assistito e reagire con comprensione. È importante ascoltare la/il residente e trasmetterle/trasmettergli empatia. Ogni professionista della salute è però libero, nell’ambito della decisione personale, se vuole o meno prendere parte attivamente all’organizzazione del suicidio assistito.

  • Se la richiesta della/del residente persiste nel tempo, lei può chiedere un sostegno per la presa di contatto con un’organizzazione di aiuto al suicidio come Exit o Dignitas oppure lasciare questa incombenza alla persona stessa o ai suoi congiunti. Se il contatto è già stato stabilito, può assistere la persona nell’ulteriore comunicazione con l’organizzazione.
  • Tenga presente che il sostegno a un suicidio assistito è un tema complesso sotto il profilo etico e pone diversi quesiti legali, morali ed etici. Le raccomandiamo di mettersi in contatto con personale specializzato nel settore medicina palliativa, etica e diritto, per essere certo che tutti gli aspetti aventi una particolare rilevanza siano stati presi in considerazione e che le leggi e le disposizioni vigenti vengano rispettate. Si informi su tutto quanto riguarda la presa di contatto con i relativi specialisti presso il suo Ufficio cantonale per la salute.
  • Lo stesso concetto vale qualora intendesse mettere a disposizione delle informazioni affidabili sul tema del suicidio assistito (per esempio durante la fase di preparazione del contatto con le organizzazioni di aiuto al suicidio) e assicurare che sono note delle alternative, come un’assistenza palliativa (per esempio tramite il ricorso a una/un medico di famiglia o a una/un medico dell’istituzione o a un team palliativo).
  • Importante: lei è tenuto a riconoscere la particolare necessità di protezione dei diretti interessati. Si tratta per esempio di riconoscere la particolare pressione sociale che interviene quando si è confrontati con la richiesta di un suicidio assistito (per esempio da parte dei congiunti, dei conoscenti o del personale) oppure con una limitazione della capacità d’intendere (per esempio a causa di una evidente depressione o di un danno cognitivo). Nel dubbio è raccomandabile coinvolgere una/un medico di famiglia.
  • Vige un obbligo d’assistenza nei confronti delle/dei residenti. La cura e l’assistenza delle/dei residenti che desiderano il suicidio non possono perciò essere rifiutate in nessun momento.
  • Se la persona soffre di persistenti sintomi depressivi, di malumore o di angoscia, dovrebbe essere sempre richiesto, indipendentemente dal desiderio di morire, l’intervento di una/uno psicoterapeuta o della/del medico di famiglia.

A cosa deve fare attenzione l’istituzione?

  • La persona che desidera morire e che organizza in linea di massima autonomamente il contatto con l’organizzazione di aiuto al suicidio, dovrebbe però ricevere, se lo richiede, il sostegno per la presa di contatto da parte del personale di assistenza e di riferimento che collabora con l’istituzione (p.es. con cure, specialisti dell’attivazione, volontari).
  • Se la persona che desidera suicidarsi dispone di una casa propria, per l’attuazione del suicidio deve in linea di massima tornare a casa sua.
  • Un suicidio assistito può aver luogo solo nei locali delle cure di lunga durata e se può essere organizzata una camera singola. L’aiuto al suicidio non dovrebbe mai essere praticato in una stanza occupata da più letti, in una stanza per attrezzature, in un soggiorno o in una stanza da bagno.
  • Alla polizia chiamata successivamente deve essere assicurato un semplice accesso al luogo del decesso.
  • Il personale non mette a conoscenza anticipatamente le/gli altre/altri residenti del suicidio assistito pianificato.
  • Se la/il residente che desidera suicidarsi informa di sua iniziativa le sue/i suoi coresidenti di questa intenzione, si dovrebbe, a seconda della dinamica, prendere in considerazione la possibilità di adeguate offerte di sostegno quali, per esempio, una tavola rotonda per le/i coresidenti, un sostegno psicologico da parte di una/uno psicoterapeuta, di una/uno psichiatra e un’assistenza spirituale.

Che ruolo svolge il personale di cura in caso di suicidio assistito?

A tutto il personale è vietato per legge qualunque tipo di partecipazione all’attuazione di un suicidio (p.es. alla somministrazione del medicamento). Questo vale anche per le collaboratrici e i collaboratori volontari e i congiunti.

Su richiesta della persona che desidera morire, al suicidio può essere presente volontariamente un membro del personale di cura. Al personale è consentito l’accompagnamento della persona che desidera morire e quindi la presenza in caso di suicidio assistito, con l’aiuto dell’organizzazione incaricata. Non può, però, essere obbligato

Cosa succede dopo?

  • L’organizzazione di aiuto al suicidio informa la polizia che decide le modalità per il rilascio della salma.
  • Dopo l’attuazione di un suicidio è necessario predisporre un adeguato accompagnamento e l’assistenza delle/dei coresidenti rimasti, del personale e dei congiunti.
  • Nell’ambito della commemorazione si presenta spesso la questione sul tipo di morte. D’accordo con la persona che desidera suicidarsi e dei congiunti bisogna parlare apertamente del suicidio assistito.

Quali alternative ci sono al suicidio assistito?

Cure palliative

Digiuno terminale (in inglese)